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“In terra nostra Guardiegrelis”: a colloquio con l'autore

Intervista tra passione, curiosità e metodo rigoroso

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Lucio Taraborrelli racconta il suo libro “In terra nostra Guardiegrelis. Guardiagrele e il suo circondario nel Medioevo: nuovi documenti e nuove prospettive”, presentato il 12 agosto scorso a cura del prof. Francesco Sabatini, Presidente onorario dell’Accademia della Crusca.

Un libro che, a poco più di un mese dalla sua uscita, non esita a mostrare già i primi “frutti”.

“Ho avuto riscontri sicuramente positivi, anche se è ancora presto per fare il punto. Comunque ho già ricevuto l’apprezzamento di diversi studiosi, ricercatori ed esperti di storia, e questo è già un riscontro importante”, dice l'autore.

Anche la risposta della cittadinanza non esita a farsi sentire.

“Le persone mi fermano per strada per congratularsi, mi chiedono la dedica sul volume, mi telefonano da fuori per sapere come procurarselo. Una cosa che, francamente, davvero non mi aspettavo. Così come non mi aspettavo quella calorosa partecipazione di pubblico il giorno della presentazione nel chiostro di San Francesco: tantissima gente! Alla fine ero frastornato.”

Ma alle opinioni “positive” si unisce qualche critica inaspettata da parte dei più...”tradizionalisti”.

“Sì, infatti. Mi è giunta notizia di lamentele da parte di qualcuno che non ha apprezzato certe considerazioni forse poco lusinghiere sulla produzione storiografica guardiese di inizi Novecento e sul modo di “fare storia” di alcuni cronisti locali del secolo scorso. Ovviamente la cosa mi dispiace, perché non era mia intenzione urtare la sensibilità altrui, ma mi preme però sottolineare come tutto il lavoro sia stato improntato alla più rigorosa obiettività e che la libertà di “critica storica”, tutelata dalla Costituzione italiana, consente a un autore di esprimere giudizi anche pungenti, ironici e irriverenti riguardo ai personaggi storici di cui tratta, purché riferisca notizie vere e seriamente controllate, frutto di una coscienziosa e diligente attività di ricerca, di analisi e di verifica delle fonti. In tal caso ne consegue che la logicità delle conclusioni altro non è che il risultato dell’applicazione di un metodo rigoroso. E nel mio lavoro ho fatto in modo che tutte le considerazioni e le opinioni espresse, anche quelle che potrebbero apparire poco lusinghiere, non fossero mai gratuite, bensì fondate su scritti e affermazioni che sono di dominio pubblico, che comunque ho sempre vagliato attentamente, verificato e documentato con puntuali rimandi, citandone con precisione ampi ed eloquenti stralci. Per contro, sia in ambito locale, sia soprattutto da parte di studiosi non abruzzesi, mi sono pervenuti apprezzamenti sul rigore metodologico col quale sono state affrontate certe radicate credenze.”

Proprio partendo da queste “critiche”, l'autore offre il suo punto di vista sulle ricostruzioni storiche del passato, non sempre attendibili. Perché le origini della nostra Guardiagrele sono così... offuscate?

“A mio parere la questione va inquadrata nel periodo storico durante il quale hanno vissuto e operato quei cronisti. Dopo secoli di oscurantismo, con l’Unità d’Italia anche l’Abruzzo, come altre regioni italiane, si apriva ai primi studi e alle prime ricerche in campo storico, architettonico ed artistico; ovviamente nei principali centri d’arte abruzzesi, tra cui L’Aquila, Sulmona, Chieti, Lanciano, fiorirono gli studiosi locali, che si dedicarono con impegno alla ricerca e divulgazione del patrimonio culturale dei loro luoghi di origine. Mi vengono in mente, tra i tanti, i nomi di Antonio De Nino, Vincenzo Balzano, Pietro Piccirilli, Vincenzo Bindi, Nunzio Faraglia, Vincenzo Zecca. Già dai primi decenni del ‘900, però, questo fiorire di attività culturali, anche a seguito dell’affermazione del regime fascista, finì per alimentare inevitabilmente il fenomeno del “campanilismo”, cioè il desiderio di veder primeggiare la propria terra a scapito di quelle limitrofe. Purtroppo a Guardiagrele il campanilismo fu più accentuato che altrove, tanto che venne biasimato a più riprese da noti studiosi e storici dell’arte, come Giovanni Pansa, Ignazio Gavini, Enzo Carli, Aniceto Chiappini, Damiano Fucinese ed altri. Un campanilismo che, in molti casi, portò non soltanto all’esagerata esaltazione delle patrie memorie, ma anche all’alterazione fraudolenta delle fonti documentarie esistenti, come ho, credo, esaurientemente dimostrato nelle pagine del libro. Anzi, ci furono ulteriori fatti e comportamenti “eccessivi”, ignoti ai più, che ho omesso di menzionare nel mio lavoro ma che andrebbero forse resi noti.

Un rigore metodologico che risulta il fondamentale biglietto da visita che l'autore e il suo libro tengono a mostrare, valutando, infine, pregi e difetti di un'opera che abbraccia Guardiagrele e la sua storia vera.

“Il parere dell’autore sulla propria opera rischia sempre di essere poco obiettivo. Secondo me, il pregio sta proprio nel rigore e nella serietà di una lunga ricerca d’archivio delle fonti, in molti casi inedite, che ha consentito un diverso approccio alle vicende storiche del nostro territorio. Fonti che in passato erano state spesso ritenute disperse o introvabili e che abbiamo invece rintracciato e riportato all’attenzione di tutti, studiosi e semplici appassionati. Il difetto, paradossalmente, può risiedere proprio nel fatto che il ricorso rigoroso alle fonti ne abbia reso faticosa la lettura, lo abbia appesantito. Ma di questo eravamo consapevoli: non è un volume da leggere al mare, sotto l’ombrellone! Come ho avuto modo di ribadire anche il giorno della presentazione, il mio desiderio è che il libro non costituisca un punto di arrivo, bensì il punto da cui ripartire per rileggere seriamente la storia di questi luoghi.”

Una storia che risulta in equilibrio tra l'essere pungente e rigorosa allo stesso tempo, il tutto imbevuto di curiosità e passione.

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