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Università di tutte le età sulle tracce di “un povero cristiano”

Papa Celestino V, "l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto."

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Mercoledì 16 marzo presso il Salone Comunale, alle ore 16.30, si percorreranno la storia ed i luoghi del Frate divenuto Papa e poi Santo. È il programma della prossima lezione dell’Università della terza età presentata dal Relatore Sante Di Biase, ricercatore de La Sapienza di Roma. Interverrà alla conferenza il parroco don Nicola Del Bianco. Non per viltade ma per umiltà e coraggio Papa Celestino V, nato nel 1215 in Molise, fu l’unico nella storia della Chiesa a deporre volontariamente la tiara. Un personaggio di grande autorevolezza morale, vissuto in un secolo di corruzione dei costumi e forti tensioni politiche, un umile eremita diventato Papa. Fu eremita pur spostandosi spesso in luoghi diversi, da nord a sud dell’Italia, oltrepassando le Alpi fino a Lione. Per i lunghi soggiorni sul monte Morrone si guadagna l’appellativo di Pietro dal Morrone. Arrivò tra il 1239 e il 1241 in una grotta alle pendici del monte, successivamente vi edificò una chiesetta, Santa Maria al Morrone. Afflusso continuo di pellegrini, proselitismo. Un luogo non più adatto alla meditazione, alla preghiera, alla solitudine. La sua vocazione ascetica lo portavano a distaccarsi sempre più dal contatto con il mondo esterno. L’umile Fra Pietro Angeleri si trasferì, così, sulla Majella dove costruì l’eremo di Santo Spirito e redasse la Regola dei Celestini. Non abbandonò mai il suo Morrone, facendovi spesso visita e erigendo lì l’eremo dedicato a Sant’Onofrio l’Anacoreta, in un luogo scosceso e dirupato che permetteva, però, l’accesso dei fedeli. Qui nel 1294 Carlo II D’Angiò, insieme a suo figlio Carlo Martello, gli comunicò la elezione al Papato. Il Conclave, che seguì la morte di Papa Nicolo IV , fu lungo, travagliato e più volte sciolto: un’epidemia di peste; disaccordo per la sede in cui collocarlo; frattura tra i sostenitori di Colonna ed i restanti. Nel frattempo, Pietro da Morrone aveva predetto “gravi castighi” alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. Seguì l’elezione unanime dell’umile frate, completamente privo di esperienza ed estraneo alle problematiche della Santa Sede. Ciò può essere spiegato dal proposito della Chiesa di tacitare l’opinione pubblica e le monarchie più potenti d’Europa. Vi fu, molto probabilmente, la volontà di poter gestire la totale inesperienza del vecchio frate, guidandolo in un mondo burocratico distante anni luce dal suo. Consacrato a l’Aquila, ben presto arrivò il gran rifiuto (III canto dell’Inferno). Circa quattro mesi dopo la sua nomina arrivò la bolla nella quale comunicava la sua abdicazione:«Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe (di questa plebe), al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale». Tornò sul Morrone per sfuggire a Bonifacio VIII. Raggiunto dai soldati, questi lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Ciociaria. Qui il vecchio Pietro morì il 19 maggio 1296, fortemente debilitato dalla deportazione e dalla successiva prigionia: la versione ufficiale sostiene che la sua anima si sia innalzata in cielo dopo aver recitato, stanchissimo, l’ultima messa. Bonifacio portò il lutto per la morte del predecessore, caso unico tra i Papi, celebrò una messa pubblica in suffragio per la sua anima e diede inizio, poco dopo, al processo di canonizzazione. Fu santificato nel 1313. La conferenza sarà chiusa dalla degustazione di prodotti tipici e vini pregiati regionali e dal concerto del maestro Vincenzo De Ritis.
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